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Weekly market update – Dietro front a dicembre?

L’inasprimento straordinariamente rapido della politica monetaria da parte delle principali banche centrali è stato il tema dominante dei mercati finanziari nel 2022. La recente pubblicazione dei verbali dei loro ultimi incontri ha preparato il terreno per le prossime riunioni di politica monetaria della Federal Reserve statunitense (il 13-14 dicembre) e della Banca Centrale Europea (il 15 dicembre). Tutto sembra ormai prospettare un rallentamento del ritmo di inasprimento su entrambe le sponde dell’Atlantico.

I verbali della riunione di ottobre della BCE mostrano un ampio consenso tra i membri del Consiglio direttivo per un incremento dei tassi d’interesse dello 0,75%, dopo che l’inflazione dell’Eurozona è salita al 9,9% su base annua a settembre. Si tratterebbe del secondo aumento consecutivo dei tassi di riferimento dello 0,75% da parte della Banca Centrale Europea. Il ciclo di inasprimento è iniziato a luglio, quando la banca ha portato il tasso sui depositi da -0,50% a zero.

L’ultima serie di verbali mostra che i responsabili delle politiche della BCE considerano i rischi inclinati verso l’alto per l’intero orizzonte di proiezione. In effetti, dopo la riunione di ottobre, l’inflazione nella zona euro ha nuovamente sorpreso al rialzo, toccando un record del 10,6% da inizio anno a ottobre, a causa dell’impennata dei prezzi di energia e generi alimentari dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Il mese scorso, le autorità politiche della BCE hanno osservato come con il rialzo dei tassi dello 0,75% si siano compiuti sostanziali progressi nella revoca di una politica monetaria accomodante. Questi commenti lascerebbero intendere che il ritmo di interventi potrebbe rallentare. Dal canto nostro, ci aspettiamo che la BCE alzerà nuovamente il tasso di riferimento dello 0,75% a dicembre, portandolo al 2,25%, con ulteriori incrementi dello 0,50% a febbraio e dello 0,25% a marzo, fino a raggiungere un tasso terminale del 3%.

La BCE ha comunque chiarito che il ritmo dei rialzi dipenderà in generale dai dati e sarà deciso di volta in volta. Un’attenzione particolare verrà riservata al rischio di innescare una spirale salari-prezzi.

Una nuova serie di dati della Central Bank of Ireland utilizza l’andamento dei salari pubblicati negli annunci di lavoro come indicatore tempestivo e lungimirante delle tendenze di crescita delle retribuzioni. In teoria, dato che i salari pubblicati tendono ad essere più sensibili al ciclo economico, possono far luce quanto teso sia il mercato del lavoro. Le remunerazioni dei nuovi assunti sono anche un’indicazione delle aspettative dei datori di lavoro in termini di domanda futura.

Attualmente, i dati suggeriscono che la crescita dei salari si sta attestando sui massimi storici, e in alcuni paesi è addirittura in calo (si veda il Grafico 1 in basso). In combinazione con il graduale calo delle offerte di lavoro in alcuni paesi, questa dinamica potrebbe significare che alcune aziende stanno iniziando a riconsiderare la loro necessità di manodopera per bilanciare un mercato del lavoro attualmente teso con le prospettive economiche sempre più incerte e in peggioramento in tutta l’Europa.

Bisogna prepararsi a un “dietro front” della Fed?

I verbali del vertice di novembre del Federal Open Markets Committee (FOMC), durante il quale la Fed ha aumentato il tasso di riferimento dello 0,75% per la quarta volta consecutiva, suggeriscono che i responsabili politici intendono proseguire la loro lotta a un’inflazione ostinatamente elevata.

Dal rapporto però emerge anche l’intenzione del FOMC di apportare incrementi più contenuti per valutare l’effetto economico di una campagna di inasprimento finora estremamente aggressiva:

“Un rallentamento dei rialzi in queste circostanze consentirebbe al comitato di valutare meglio i progressi verso i suoi obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi”.

Sebbene sia chiaro che i settori dell’economia statunitense sensibili ai tassi d’interesse, come quello immobiliare, si siano presto adeguati all’aumento dei tassi, la tempistica dei loro effetti sull’attività economica in generale, nonché sul mercato del lavoro e sull’inflazione, rimane incerta.

Secondo i verbali, una “sostanziale maggioranza” di funzionari della Fed è favorevole a rallentare presto il ritmo di rialzo dei tassi. Ci aspettiamo che il FOMC aumenti il tasso sui fondi federali dello 0,50% dall’attuale 3,75-4% a dicembre, seguito da un altro +0,50% a febbraio e da un +0,25% a marzo 2023. Di conseguenza, il tasso sui fed fund raggiungerà il massimo di questo ciclo attestandosi al 5-5,25% – un valore ben superiore al 4,6% previsto dalla maggior parte dei funzionari della Fed solo due mesi fa. 

Crescita più lenta negli USA che in Europa?

I dati degli indici dei responsabili degli acquisti (PMI) statunitensi pubblicati questa settimana sono stati inferiori alle aspettative e le richieste di sussidi di disoccupazione negli USA sono aumentate, mentre i PMI della zona euro hanno sorpreso al rialzo.

I rapporti preliminari di S&P sul PMI di novembre per i settori manifatturiero e dei servizi statunitensi sono scesi rispettivamente a 47,6 (da 50,4 il mese scorso) e 46,1 (47,8 il mese scorso). È la prima volta che l’indice composito manifatturiero si trova in territorio di contrazione dal 2020 (un dato inferiore a 50 indica infatti una contrazione, mentre un dato superiore a 50 è considerato indice di espansione).

Al contrario, il PMI manifatturiero dell’Eurozona è salito da 46,4 a ottobre a 47,3 a novembre, mentre il PMI dei servizi è rimasto stabile a 48,6. Il PMI composito è quindi migliorato da 47,3 a 47,8. A questi livelli, i PMI rimangono in territorio di lieve recessione, ma i dati suggeriscono che l’economia continua a resistere.

Questa impressione è rafforzata da altri dati recenti, tra cui il miglioramento dell’Indice Ifo sulla fiducia delle aziende tedesche, dal quale emerge una stabilizzazione del sentiment economico in Germania. Questo risultato riflette probabilmente sia i progressi compiuti dalla Germania per rendersi indipendente dal gas russo sia l’entità delle misure pubbliche di sostegno fiscale.

L’economia tedesca dovrebbe comunque entrare in recessione nel trimestre in corso, ma il sostegno del governo potrebbe contenere il ribasso rispetto a quanto temuto all’inizio dell’anno.

Nel complesso, questi dati sollevano una domanda cruciale: lo slancio dell’inflazione si sta forse spostando dagli Stati Uniti al resto del mondo, con potenziali conseguenze per il dollaro US sui mercati valutari?

Ritorno del valore nel reddito fisso

Come indicato nelle nostre Prospettive di investimento per il 2023, i rendimenti obbligazionari nominali offrono ora un carry interessante, mentre i rendimenti reali sono aumentati in modo significativo. Le banche centrali sono riuscite a normalizzare i tassi d’interesse, per cui la maggior parte degli aumenti dovrebbe ormai essere avvenuta. I rendimenti reali quinquennali a cinque anni negli Stati Uniti e nell’Eurozona sono tornati ai massimi registrati all’indomani della crisi finanziaria globale.

Riteniamo che sfruttare le opportunità di rendimento incrementale sarà essenziale per ottenere dei guadagni nel 2023. Poiché la transizione al nuovo mondo obbligazionario non è completa, la volatilità rimarrà probabilmente elevata e l’asset allocation giocherà ancora un ruolo fondamentale.

Nel 2023 ci aspettiamo un saliscendi di crescita e inflazione, che richiederà allocazioni diverse a seconda del contesto macroeconomico.

Riteniamo che il credito investment-grade dell’Eurozona sia interessante, in quanto gli spread sono commisurati a tassi di default molto più elevati di quelli che a nostro avviso verranno effettivamente registrati.

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